Sono il visitatore numero:

domenica 27 febbraio 2011

Ali e Radici.


Crediamo che il bello stia nella vittoria finale. Naaa, il bello sta nei sacrifici, nelle speranze e nel percorso che facciamo per raggiungerla. La vittoria è solo una cosa che poi ci appaga degli sforzi, ma è infine imparagonabile ai sentimenti che ci accompagnano a lei. Forse allora dobbiamo ambire ad un qualcosa di francamente impossibile, qualcosa protetto da una tale difficoltà di riuscita che ci rende in pratica gli unici nel provare ad ottenerlo, gli unici a crederci.

Fine febbraio, il tempo e il sole ci hanno ufficialmente preso gusto. Il primo è inesorabile, passa che è un (dis)piacere. Tante cose del passato ormai non più prossimo, ad occhi chiusi sono ancora lì. Lontane ma non troppo da farcele scordare, vicine ma non troppo da farcele toccare. Il secondo ormai è in forma e si sveglia così presto la mattina che svegliarsi e vedere tutto così già pronto, mi fa stare bene.
Eros Ramazzotti non mi ha mai fatto impazzire. O meglio, non mi è quasi mai capitato di ascoltarlo per voglia, ma quando mi capita all'orecchio è lo stesso un piacere. Ieri mentre ero ad un ristorante qui in Norvegia, lo stereo passava il suo cd “Ali e Radici”. Ali e Radici, canzone che ascoltai per la prima volta mentre ero in procinto di decidere se partire o meno. Ali e Radici, quello che davvero ha contraddistinto la mia scelta di “provare a volare”. Radici, alcune troppo grandi per potersi staccare da terra, ma anche così forti da spingermi verso l'alto dove tra mille soffi di vento che profumavano di libertà si sono formate quelle ali che mi hanno permesso di spiccare il volo verso un'avventura azzardata, ma memorabile.

Chiazze verdi che si fanno spazio tra la neve, fanno intuire che l'inverno (quello tosto) è ormai in procinto di terminare. Arriverà a lungo termine la bella stagione, quella che colora il mondo e che fa sbocciare i fiori. Forse me ne andrò troppo presto per vedere questa meraviglia aprirsi, ma spero perlomeno di godermene la sua anteprima.


Con la curiosità di ogni bambino che sa di poter scoprire qualcosa di nuovo ogni istante, dietro ogni angolo di una meravogliosa vita, vi saluto innamorato di tutto quello che mi accade intorno, e che vuole coinvolgermi ogni secondo di più.

Matteo.

mercoledì 23 febbraio 2011

Vivere e rivivere.


Va che storia.. poco fa dicevo di non avere niente da dire mentre oggi ho talmente tanta voglia di scrivere che alla fine combinerò un patatrak che invece di risultare piacevole, sembrerà solo un casino. Vabbè, proviamoci a riordinare questo uragano di parole che mi gira intorno, troppe parole. Il troppo stroppia.

Le idee cambiano nella stessa velocità con cui lo fa il tempo, qua, persi centinaia di km sopra in Circolo Polare. Non sono nuvole alte quelle che coprono la mia testa, è una spennellata di grigio azzurro che se alzo un braccio quasi la tocco.
Musica nelle orecchie, “che strano”, la mia compagna di viaggio, di vita. C'è sempre stata, ed è una delle poche cose che sicuramente nella mia vita non mancherà mai. Che cosa sarebbe vivere senza musica? Una colonna sonora serve sempre, è come un post-it allegato con un fermafogli ad ogni testo del passato. Ci riporta una persona, ad una storia, ad un amore che si è preso il tempo di una sera e a quello che ancora ci tormenta di notte. Ci riporta imprese, avventure e l'affetto (forse solo il suo ricordo) di cui abbiamo bisogno.


<<..Certe vite passano, leggere come le canzoni, e dietro le canzoni vanno.
Certe vite sfumano, veloci come le canzoni, e dentro le canzoni stanno..>>
(Non dovete badare al cantante, Ligabue).

Ascolto spesso canzoni in voga qualche mese fa e nella mia testa si appiccicano ricordi invadenti o meno, che mi porto dietro da quando le radio passavano quella musica. Non amo la musica “in voga”, sono fatto così anche io ciò che vivo: gusto il presente ma amo portarmi appresso uno zaino pieno di quello che era, quello non è più e anche un pizzico di quello che mai sarà.
È uno zaino da cambiare, troppo piccolo e liso per contenere dentro tutto, ma in questo momento non ho voglia di mettermi a svuotarlo per filtrare il dilettevole dal superfluo. Se ce l'ho posato dentro vorrà dire che anche quello ha avuto il suo tempo e il suo importante significato, e anche lui il suo posto se l'era guadagnato. (<<Matteo cazzo, invece dovresti imparare a svuotare.>> <<Lo so.>>).

Il problema è che nello zaino che le mie spalle stanno sostenendo, la maggior parte dello spazio è occupato da promesse fatte e ricevute, tante delle quali sono rimaste incompiute. Promesse troppo ingombranti per potersene privare, conservate spesso solo per la speranza flebile ed invisibile, speranza di vederle un giorno realizzate.

..Questa qua è per te, e anche se non e` un granché, ti volevo solo dire che era qui in fondo a me. E` per te che lo sai di chi sto parlando dai, e ti piacerà un minuto e poi te ne scorderai..”
(Viva!, Ligabue).


C'è n'è un'altra del Liga, altro giro altra corsa. Una canzone da “vivere e rivivere”.
Fuori la vita e spazio ai sogni, un abbraccio grande.

Matteo.

lunedì 21 febbraio 2011

Teo, che non fa il Matteo.


Rieccomi qua, non sono sparito. :) Sono passati una decina di giorni dal mio ultimo intervento, e solitamente non amo lasciare così tanto spazio vuoto tra ciò che scrivo.
Anyway (“cmq” ma detta in inglese mi affascina il triplo), non avevo cose da scrivere. E non ne ho ancora! O meglio, mi spiego bene. Non sul mio genere. È un periodo molto acerbo riguardo ad emozioni e sentimenti, perciò oggi preferisco trattare argomenti più “alla mano”, mi cimento nel brutto mondo dell'attualità.


Nella settimana appena trascorsa, si è svolto il Festival di Sanremo. Non che abbia mai attratto la mia curiosità, però vista la partecipazione del grande orgoglio lariano Davide Van de Sfroos, non potevo evitare di guardarlo.
Si è chiuso con la vittoria di Vecchioni, senza dubbio autore di una canzone meritevole. A suscitare il mio dubbio però non è neanche il secondo posto firmato Modà-Emma, quanto il terzo posto di un Albano già escluso (e poi ripescato) la prima sera. Ce le vedo io, le vecchiette over80 tutte infervorate (con orgasmo annesso quando hanno visto che faceva parte dei 3 filnalisti) ad inviare sms per il beniamino dei nostri nonni. Tornando al beniamino del Lario, è stato lui la vera sorpresa in positivo di questo Festival. Sono di straparte, ma credo che la sua canzone sia forse l'unica capace di movimentare un po' gli ascoltatori, e chissà che questa Yanez non possa diventare un tormentone in vista dell'estate.


Che dire su altri artisti, presentatori e comparse? Oltre all'inascoltabile Tricarico, con una nenia che potrebbe fungere solo da colonna sonora ad accompagnare un suicidio di massa, e alla Patty Pravo, riesumata dalla tomba giusto per cantare due volte la sua canzone prima di essere diligentemente posata di nuovo nel suo sarcofago, gli altri restano senza infamia e senza lode (anche se tanti molto più vicini all'infamia). Ci si aspettava ovviamente di più da una deludente Giusy Ferreri mentre invece resto piacevolmente sorpreso dai La Crus.

Morandi come presentatore è un insulto a chi lo fa di mestiere. Anche se va apprezzato l'impegno che ci ha messo, condurre non è proprio il suo lavoro. La Belen e la Canalis tanta roba (da vedere) e non proprio da buttare via come co-presentatrici, forse il meglio tra lo scarso al momento in circolazione.
Luca e Paolo divertenti le prime serate, ma poi a furia di
Berlusconi, bunga-bunga e Ruby Rubacuori sono diventati un po' troppo prevedibili e noiosi. Comunque sia, ampiamente sopra la sufficienza.

Come ospiti mi sono gustato Benigni, un vero genio mai banale e sconato, e De Niro, con annessa traduzione momentanea del duo Canalis-Morandi. Per quanto volessero darci prova dell'internazionalità di Elisabetta, era meglio se facessero fare il suo lavoro all'interprete RAI.
Il resto me lo sono perso, e quindi non giudico.

Quanto a me, la mia vita tra neve e natura di Norvegia procede tranquilla, forse anche troppo.
Ieri mentre raggiungevo con il pullman della mia squadra il luogo della partita, ho capito quanto sono in un altro mondo: sulla strada che costeggia il mare, ho avuto il piacere di ammirare dal finestrino lo spettacolo di delfini ed orche, a poche decine di metri dalla riva. Una cosa normale. Mentre al ritorno in serata erano renne ed alci a farci compagnia ai margini della carreggiata. Queste cose mi mancheranno.

Sono appunto reduce da un ricco weekend calcistico. Ho finalmente iniziato la stagione calcistica con l'Høken, la mia squadra norvegese. Per la prima volta gioco con una maglia “mia”, con nome e numero. PAVANELLO 51, e ditemi se non fabbbbrutto!. Perchè il 51? Semplice. Il numero 6 apparteneva già ad un altro ragazzo, allora ho optato per un 5+1.
Le partite della vinterserien (letteralmente “serie d'inverno”) si giocano in uno stadio al coperto a due ore e poco più da Andenes, il mio paesino. Dato che giocavamo sia si sabato che di domenica, mi sono assorbito una decina di ore sul pullman, che però sono passate velocemente tra musica, caffè e risate.
Poi si scende in campo..eh che magia! Mi mancava da 9 mesi. Finalmente sono tornato a respirare l'aria tipica del pre-partita nello spogliatoio, i rituali portafortuna, i pensieri, le aspettative, la carica. MioDDDio se ne avevo nostalgia!

Come i risultati conseguiti nel weekend, vi lascio con una domanda: se giochi due partite, una la vinci e una la perdi, sei felice della vittoria o resti con l'amaro in bocca per la sconfitta?

Hilsen fra Norge, Matteo.


giovedì 10 febbraio 2011

Appunti dalla luce.



(trascrizioni da penna)


Giovedì 10 Febbraio


La cosa più naturale che mi viene da fare, colmato da questo incantevole paesaggio, è prendere in mano un pezzettino di carta che mi ritrovo in tasca, e la penna sempre a portata di mano. Poco importa se quel foglietto era un vecchio ricordo della mia vita italiana, lasciata a migliaia di km di distanza. Lo devo fare, punto.

Sinceramente non saprei neanche come iniziare a farlo, talmente tutto ciò che ho intorno sembra che nel suo silenzio mi disturbi. È geloso, geloso di quando levo lo sguardo da lui per provare a mettere giù due righe.

Sono seduto sull'unico spaziettino di roccia in cui inspiegabilmente non c'è neve. Per arrivare qui, però, ho dovuto farmi qualche decina di metri “immergendomi” nella trentina di cm di neve fresca caduta tra la nottata e il mattino. Poco importa se ora ho i piedi tutti bagnati, e rischio di trovarmi stasera a casa con la febbre. Questo è uno spettacolo che non potevo negarmi.
Ieri c'erano le onde, oggi invece il mare sembra una tavola d'olio, piatta e perfetta. Gruppi di gabbiani e pulcinelle di mare giocano a galleggiare sull'acqua, anche loro vogliono godersi ciò che hanno intorno, mentre uno stormo ribelle sorvola un peschereccio lontano dalla costa. Sembra volutamente indifeso, vorrebbe intrappolarsi tra onde che invece oggi hanno deciso di prendersi una pausa. È la libertà che solo il mare può darti, un mare in cui sicuramente lascerò una parte di me.
Il freddo non si sente, non lo puoi sentire quando il cuore ti pompa un calore quasi innaturale in tutte le vene.
Le montagne severe al di là del mare non sono solamente imbiancate nelle cime, ma sono totalmente coperte da un velluto incantato, coltre bianca che non lascia spazi vuoti.
C'è giusto quell'aria che ti ricorda di non essere in un quadro, e che ti accarezza le guancie mentre il sole, che ormai ha preso l'abitudine di fermarsi in cielo, te le bacia senza vergogna.
È la meritata ricompensa per chi, come me, ti ha tanto aspettato, tra luci di lampade e candele che seppur illuminassero il necessario, non lo facevano in modo così esaustivo.
È l'apice, è ciò di cui ho bisogno. Quelli che mi porto alle spalle, sono stati mesi belli, fatti però anche di attimi tristi. Oggi tutto quello per cui ho sofferto, combattuto e contrastato sembra rendermi merito. Non mi sono mai sentito così in pace con tutto il resto.
Matteo.


martedì 8 febbraio 2011

Un raggio di sole.


Il mare oggi è un incantevole spettacolo: la forza che sprigionano le onde che sbattono violentemente sugli scogli alza al cielo una bagnata polvere bianca. È sfumatura per la bellezza di un cielo candidamente azzurro, mai stato così aperto. Solo le traettorie di gabbiani e di qualche aquila di mare “tagliano” quest'immensità incontaminata.

Martedì 8 Febbraio

Da pochi giorni la maggiore età è arrivata. Per ora è solo frutto di un numero che si somma al precedente, ma comincierà a dare i suoi frutti tra qualche tempo. È stata una festa particolare: ho avuto la fortuna di passare il mio compleanno insieme a ragazzi e ragazze provenienti da ogni angolo del pianeta, e quindi ho potuto ricevere “di persona” gli auguri in ogni lingua del mondo. Un “buon compleanno” travestito di suoni ed espressioni nuove, bizzarre. Buon auspicio per il mio futuro.

La vita è un racconto incantevole che ci rende protagonisti delle più inaspettate avventure, a volte surreali nella loro indiscussa realtà. Per quanto ci sforziamo di immaginare come “sarà”, come andranno ad epilogarsi le nostre imprese, non accadrà mai quello che avevamo previsto. Arriva quasi tutto solo ed esclusivamente per caso: una carezza quando ci aspettiamo un pugno oppure solo le spine quando vorremmo una rosa. Tutto ciò non fa altro che rendere ancora più magico quello che la vita, di per sé, lo è già.
L'esperienza che sto affrontando sta contribuendo a costruire giorno dopo giorno una persona nuova, ed in tante cose non mi ci riconosco più. Ma è evidentemente giusto che sia così.

Ora lasciamoci trasportare dalle onde di questo mare in continuo tumulto, senza però mai perdere l'orientamento: le stelle che brillano ogni notte in cielo ci indicano con scandita precisione dove siamo e quale sia la strada da seguire per arrivare nel domani ormai prossimo a venire, là dove il sole non si stanca mai di alzarsi.
Ed i suoi raggi, quando tornano ad illuminare tutto ciò che incontrano sulla loro strada, porteranno alla luce nuove scoperte, ancora piacevolmente avvolte nell'alone di mistero che si portano intorno.
È la nuova vita che è pronta a venire.
Matteo.

martedì 1 febbraio 2011

..Se tirum via el cuveerc e se impienissum de canzòn..



Tutto è al suo posto, ordinato come un negozio di souvenir. Tante piccole cose che ci guardano con uno sguardo vuoto ed impercettibile, rivolte dalla parte del loro lato migliore perchè pronte a catturare la nostra attenzione. Ciò che è cambiato in questi pazzi giorni, così corti ma così infiniti, è ciò che non si vede. È cambiato quello che si sente, è cambiata la colonna sonora senza che lo scenario necessiti di spostare anche una sola virgola.


Martedì 1 Febbraio 2011

Camminando verso casa, mi sentivo osservato. Non c'era nessuno con me, ad osservarmi è stato per un attimo il mondo. Tutto ciò che avevo intorno era attento a guardare i miei passi susseguirsi uno dopo l'altro sullo strato di ghiaccio che avvolge le strade. Un trucco che ho imparato per camminare sul ghiaccio senza avere problemi è quello di essere decisi: una camminata piena di titubanze, attenzione e stenti è molto più soggetta a scivoloni rispetto ad una fiera e determinata, magari incurante. Altro segnale di come la vita si rispecchi costantemente nel nostro quotidiano; ci fornisce metafore che contengono risposte per qualcosa di più grande. D'altronde la vita è un'enorme sentiero di ghiaccio nel quale possiamo inciampare da un momento all'altro, senza preavviso.



L'amore se n'è andato dalla mia vita, e se mi definissi triste per questo non sarei sincero fino in fondo. L'essere in love ci rende fragili, ci mette continuamente sul lastrico. Senza troppe frasi di circostanza, faccio qualche esempio tangibile: niente più pene davanti ad un cellulare che non si illumina con il suo nome, niente più frasi scritte per “riparare”, niente più rigoroso controllo su ogni minimo nostro comportamento, niente più notti insonni con un letto che diventa un circo nel quale fanno la parte degli acrobati e dei giocolieri i nostri pensieri più impossibili...beh potrei star qui a scriverne altri mille di esempi. Ora sono rilassato, senza problemi e senza timori. Forse è giusto così. Forse. Eh sì, perchè nonostante i milioni di ups and downs è pur sempre una fenomenale magia. Sbaglio se dico che a mancarmi è lei, non è così. A mancarmi forse è quel Matteo innamorato. Ora sono tornato quello che ero prima di “essere scottato” da questa forza strana, credo per l'unica volta fino ad ora. Colui che nella maggior parte delle cose è secco e cinico, ma così mi sento forte, mi sento quello che in fin dei conti son sempre stato.

È tardi, è notte. Proviamo per la prima volta a prendere tutto quello che la vita ci dà, senza eccessive precauzioni e con tanta voglia di buttarsi. Come dice il grande Davide Van de Sfroos, “L'è el dè de San Macacu, la nocc de San Nissoen, se tirum via el cuveerc e se impienissum de canzòn.”.
Prendiamo e riempiamoci di tutto, rendiamoci vivi e vari. Non accontentiamoci della monotonia di un mondo in bianco e nero quando disponiamo di una tavolozza piena di colori da usare come più ci piace. Fantasia, fantasia ed estro.

Matteo.